Red scatenato: “Il Mondiale lo vinco io”

_DSC5967Alla vigilia dell’inizio della gara inaugurale del Mondiale di Enduro, in programma questo fine settimana ad Agadir (Marocco), abbiamo incontrato Giacomo Redondi. Dopo 3 secondi posti consecutivi, il 22enne bergamasco ha l’ultima possibilità di aggiudicarsi il Mondiale Junior. In bacheca Red ha già due titoli iridati: quello Youth vinto nel 2012 e il SuperEnduro Junior conquistato nel 2014. Due anni pari, come il 2016.

Ripercorriamo la tua carriera. Partiamo dal 2011…

Nel 2011, al primo anno di Mondiale, ho avuto un po’ di problemi a trovare il ritmo e anche con la moto: infatti a metà stagione ho cambiato cilindrata. Nel finale di stagione ho fatto buone gare ma non ottime. Quando è stata introdotta la categoria 125 l’Iron Team e Farioli della KTM mi hanno fatto proposta che ho accettato subito. Sono partito subito a testa bassa con la preparazione”.

E nel 2012 hai vinto il Mondiale Enduro 125. Te l’aspettavi?

Sì, perché mi ero preparato tantissimo e difatti ho vinto tutte le giornate di gara.

Cosa ti sei regalato per il trionfo?

Una festa sul lago con gli amici, gli sponsor e anche altri piloti. La settimana dopo c’era una gara in Svezia per la quale avevo scommesso un orologio con quelli del mio team: l’ho vinto anche se poi ho saputo che me l’avrebbero regalato ugualmente per la conquista del Mondiale.

Poi è stata la volta del Mondiale Superenduro Junior…

Era il 2013/14. Ero reduce dalla delusione dell’anno prima perché l’avevo perso per l’errore di un doppiato che a Barcellona si è spostato e mi sono piantato in una serie di tronchi.

A fine gara gliene hai dette quattro?

No, cosa dovevo fare? Ormai era successo. Ho cercato di pensare solo all’ultimo round in Francia, nel quale poi ho vinto tutte e tre le manche anche se non è bastato. L’anno dopo sono passato a Ktm e dopo una prima gara trialistica in cui ho fatto terzo ho incrementato la preparazione, disputando una garetta di SuperEnduro vicino casa. Così sono arrivato in Polonia molto più a posto fisicamente per quel tipo di gara e ho vinto. Poi ho cambiato moto e in Brasile e Messico ho vinto entrambi i Gran Premi, così a Barcellona ho corso al risparmio per portare a casa il titolo.

Meglio l’enduro o il SuperEnduro?

Sono due discipline diverse. Del superenduro adoro il livello veramente alto e la quantità d pubblico presente. In Polonia e Messico abbiamo fatto il pienone negli stadi.

Come cambia la preparazione tra le due?

Per il SuperEnduro serve un allenamento specifico ma purtroppo in Italia non ci sono piste che vantano le stesse difficoltà del Mondiale. Per fare bene nel SuperEnduro ti serve la velocità e il fiato per fare 6 minuti di gara a tutta.

Anche la frequenza cardiaca è diversa?

Nel superenduro sei sempre fuori soglia. Il problema è quando ti vengono le braccia dure se non sei allenato. Questa è stata la differenza tra la prima gara in cui le ho avute e la seconda in Polonia.

Quando è stata l’ultima volta che hai spiegato a qualcuno cos’è l’enduro?

(lungo silenzio, poi esplode in una risata ndr) L’ultima volta a Guarneri quando è venuto a fare enduro.

E a qualcuno realmente?

Qua da noi nella bergamasca sanno tutti cos’è, anche le ragazze. Conoscono di più l’enduro che il motocross. Anche perché dalle mie parti ho esordito nel Mondiale enduro nel 2010. Tutti gli abitanti dei paesi circostanti sono venuti ad assistere alla gara.

Guadagni bene?

Beh, paragonato ad altri sport il nulla. E se facciamo il confronto con il motocross, tolti cinque o sei è decisamente più redditizio fare enduro.

Sei fidanzato?

No.

Hai storie in giro?

No, nulla. Per adesso sono così.

Nell’enduro ci sono le “groupies”?

Come si sa, il tifoso tipico dell’enduro è maschio. Ogni tanto si vede qualche ragazza, ma poche.

Il tuo profilo Twitter è abbandonato dal giugno 2014…

Twitter non lo uso più, uso Facebook e Instagram e ultimamente un po’ Snapchat. Mi piace far vedere a chi mi segue come mi alleno, postando una buona foto o un video divertente»

Il tuo idolo motociclistico?

Il francese Antoine Meo, vincitore di 5 Mondiali. Mi alleno spesso con lui, anche a casa sua. È umilissimo, una brava persona e disponibile. Lo conosco dai tempi del cross perché eravamo nella stessa squadra: lui faceva il Mondiale e io correvo nella classe 85. Ha dimostrato che poteva farcela e ce l’ha fatta.

Un anno e mezzo fa sei andato ad allenarti negli Stati Uniti con Cody Webb. Come è andata?

È stato bellissimo perché sognavo l’America. Ero in California, poi ho fatto una gara in Idaho e un’altra in California. Da Cody ho imparato tanto perché lui è un ex trialista e nel superenduro è uno dei tre numeri uno al mondo: mi è bastato guardarlo affronta rein scioltezza gli ostacoli.

Ti piacerebbe trasferirti lì?

Sì, molto, anche se non mi sono mai informato. Non sono però sicuro che se la passino meglio che in Europa. Il vantaggio è che là ti devi muovere molto di meno per gli allenamenti. Dove abito io d’inverno devi spostarti perché non riesci ad allenarti. E stare fuori di casa due mesi ha un certo costo.

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